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Storia della Pubblicità

Home| Grafica Teorica| Storia della Pubblicità

20
Mag, 2011
By Enrico Rombaldoni
Storia della Pubblicità
  • Grafica Teorica
  • 3 comments

La pubblicità, intesa come mezzo di comunicazione per la proposta di un prodotto, è un fenomeno che ha radici lontane. La sua evoluzione non è stata costante nel tempo. Pertanto si possono distinguere tre fasi essenziali:

  • La réclame
  • L’advertising
  • La publicity

La réclame

Siamo a cavallo tra l’Ottocento e i primi due decenni del Novecento e in questo periodo la pubblicità ha il compito essenziale di fare da tramite tra la produzione di un bene e la sua presenza sul mercato. E’ il tempo delle réclame e i mezzi tipici di promozione erano:

  • La vetrina
  • Il catalogo
  • Il cartellone
  • Il volantino

La loro funzione era semplice e serviva a proporre e a far conoscere un determinato prodotto. La prima impresa che si occupò di pubblicità era americana e venne fondata nel 1843 a Filadelfia da Volney Palmer. Comprava spazi pubblicitari dai giornali e li rivendeva agli utenti ad un prezzo maggiorato. In Italia la prima concessionaria di spazi venne fondata a Milano, nel 1863. Poco dopo, all’originario ruolo di intermediazione si affiancò quello di consulenza per la realizzazione di bozzetti grafici.

L’advertising.

Dagli anni ’20 fino ai primi del ’70 si divulgò la nuova idea di far conoscere il prodotto, stimolando l’esigenza di acquisto di nuovi beni. Inzia così l’era dell’advertising che è la forma pubblicitaria che, sfruttando la circolazione di determinate merci, stimola il desiderio del consumatore e ne anticipa i bisogni da soddisfare. Ne consegue che l’acquirente diventa il vero protagonista del bisogno che la pubblicità ha creato e, per il raggiungimento di questo sottile meccanismo, non ci si limita a proporre i vantaggi del nuovo bene, ma se ne mostra l’effetto immediato o la sensazione di piacevole possesso, eludendo volutamente gli eventuali ripensamenti del consumatore, sostituendo al dubbio la sensazione dell’indispensabile per meglio adempiere ad un dovere.

Advertising e anni ‘50

Siamo negli anni ’50 e dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti si compiacevano dello splendore della vittoria, dello spirito di solidarietà e del boom economico. Le donne uscivano di casa solo se truccate e acconciate alla perfezione e indossavano una miriade di sottovesti, mentre gli uomini sfoggiavano abiti completi all’italiana con chiusura a tre bottoni e corredi casual per il tempo libero. Era il periodo delle motociclette, delle giacche di pelle, di Playboy e della nascita della Barbie in un contesto economico senza eguali che portò una ventata d’aria fresca in tutto il mondo. L’Italia apprese le procedure più all’avanguardia nel settore pubblicitario e iniziarono così a comparire i primi specialisti in un campo inesplorato.

Nel corso di questo decennio si conducevano nel nostro paese le prime ricerche motivazionali che si basavano sull’applicazione di
tecniche psicoanalitiche con l’intento di analizzare meglio le esigenze dei consumatori. Con il passare del tempo, la pubblicità non venne più considerata solo un mezzo di vendita, ma un investimento a lunga scadenza capace di dare corpo e immagine ad un prodotto.

Gli anni ’60 e la nascita del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria

Nel corso degli anni sessanta la spesa pubblicitaria raggiunse livelli record arrivando ad incidere nel 1969 sullo 0,50 del PIL. Le campagne realizzate in questo periodo erano semplici, fantasiose e allegre spesso fondate su filastrocche e rime. La pubblicità si presentava come una vetrina di prodotti desiderabili e pecuniaramente accessibili. In questi anni si affermavano nel paese le grandi agenzie pubblicitarie e il livello di esperienza in questo settore raggiunse livelli importanti al punto da istituire il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria nel 1966. Quarantatre articoli che miravano e mirano a stabilire determinate regole governate da principi morali.

Dalla lealtà pubblicitaria, alle sanzioni previste per spot ingannevoli con particolare attenzione alla tutela dei bambini e adolescenti. “Un insieme di messaggi che non devono contenere nulla che possa danneggiare psichicamente, moralmente o fisicamente e abusare della loro naturale credulità o mancanza di esperienza, o del loro senso di lealtà.” Art. 11 CACC L’organo di competenza a cui fare riferimento per ventuali controversie è il Giurì, composto da un numero di membri compreso tra dieci e venti, nominati dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria e scelti tra esperti di diritto, di problemi dei consumatori, di comunicazione. Esso esamina la comunicazione commerciale che gli viene sottoposta e si pronuncia su di essa attraverso il Comitato di Controllo, organo che ha la funzione di accertamento della veridicità dei dati, delle descrizioni, affermazioni, illustrazioni o testimonianze usate nelle pubblicità.

La crisi del ’70 e la depressione degli Stati Uniti

Al principio degli anni ’70, la corrente pacifista degli anni precedenti si tinse di pessimismo. Nel 1973, quando gli afflitti combattenti del Vietnam tornarono a casa, la maggior parte degli americani aveva ormai perso la speranza e la fiducia nei confronti dei propri governanti. A causa dei radicali cambiamenti, del consolidamento dei diritti civili e i movimenti femministi, la gente si sforzava di tornare alla normalità nonostante la confusione a livello politico e culturale. Era il tempo delle prime morti di overdose con Jimi Hendrix e Janis Joplin, dello scioglimento dei Beatles e dei messaggi pacifisti di John Lennon e Yoko Ono.

In un clima di forte instabilità gli Stati Uniti cercavano di reagire alla depressione e al malcontento con gli eccessi luccicanti della moda disco. Scoppiò “La febbre del sabato sera” nei cinema e John Travolta, col dito puntato e i suoi balli scatenati sulle piste da ballo illuminate, imponeva il suo look da Tony Manero capace di mandare in visibilio le ragazze in tuta elasticizzata di lycra e prendisole in poliestere.

“No Future” e la moda Punk

Dall’altra parte dell’oceano Johnny Rotten cantava “No future” mentre, assieme ai Sex Pistols alteravano qualsiasi concetto stabilito dalla moda e dalla pubblicità. In Gran Bretagna e negli States dilagava il Punk mentre gruppi come i Ramones e i Clash esprimevano l’angoscia dei giovani in canzoni da tre accordi. In questo clima di fermento gli investimenti pubblicitari in Italia subirono forti scivoloni. Erano questi gli anni della contestazione, della ventata sessantottina e delle accuse all’intero sistema.

L’Italia e la crisi pubblicitaria – La publicity

Nel 1973 la spesa pubblicitaria in Italia raggiunse una percentuale pari allo 0,33 del PIL di molto inferiore a quella registrata nel 1969. In questo periodo di crisi, le campagne pubblicitarie diventarono più sobrie e meno dispendiose e gli annunci diventarono concisi e diretti.

L’inversione di tendenza degli anni ’80 e ‘90

Una forte inversione di tendenza nel mercato pubblicitario si ebbe negli anni 80 e 90. Essa fu caratterizzata dalla presenza di più attori del settore, ciascuno dei quali con una precisa funzione mirata al processo di produzione, vendita, acquisizione dei servizi pubblicitari. Gli attori principali di questo nuovo panorama diventarono:

  • Le agenzie di pubblicità
  • I Centri Media
  • Gli utenti della pubblicità
  • Le concessionarie di pubblicità

Le concessionarie di pubblicità

Erano aziende che vendevano l’accesso a determinati mezzi pubblicitari in esclusiva: potevano vendere direttamente il proprio spazio/tempo o delegare a terzi tale funzione.

Le agenzie di pubblicità

L’utente di pubblicità stabiliva il proprio budget pubblicitario a tre tipi di consulenti:

  • FreeLance, liberi professionisti
  • Studi di grafica, piccole organizzazioni che studiano l’idea assegnata sulla base di un obiettivo stabilito dal cliente
  • Agenzie di pubblicità offrono un servizio completo adatto a risolvere ogni problema di comunicazione

I Centri Media

I Centri Media sceglievano le strategie: di pianificazione e di acquisto dei budget pubblicitari. Le stime realizzate in Europa dalle agenzie Medianetwork International, indicavano che le agenzie media hanno raggiunto quote di mercato oscillanti fra il 30% e il 50% degli investimenti pubblicitari totali dei singoli paesi.

Il nuovo mercato degli anni novanta era L’Europa caratterizzata da un forte dinamismo, da un’intensa mobilità e da nuove opportunità che si andavano aprendo con la creazione di un Mercato Unico. Diversa tendenza dagli anni ottanta era quella di creare un’unione tra media e finanza oltre che applicare le logiche qualitative degli anni passati.

Gli utenti della pubblicità

Tra i principali utilizzatori della pubblicità troviamo:

  • Le imprese produttrici di beni di consumo
  • Le imprese commerciali
  • Le imprese di servizi
  • Lo stato
  • Piccole aziende

Le imprese di grosse dimensioni utilizzavano la pubblicità per incrementare le vendite dei loro prodotti e presentarsi ai comunsumatori in modo originale e d’impatto. Negli anni novanta anche lo stato utilizzava la pubblicità per la promozione di campagne anti-droga o per invitare la popolazione a sottoporsi a vaccinazioni e controlli sanitari.

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Elementi di Comunicazione Visiva – Manuale teorico di progettazione tra creatività e scienza

Pagina 24 – La Pubblicità

About Enrico Rombaldoni

3 Comments

  • By caludio

    Interessante ! ma per caso sai dove posso trovare info sulla storia dell’on line advertising?

    • By Enrico Rombaldoni

      Grazie per l’interessamento, puoi trovare delle risorse qui:
      http://bibliostoria.wordpress.com/2007/10/23/storia-della-pubblicita-gli-advertisement/

      Buona fortuna

      Enrico

  • By Storia Della Pubblicità

    Davvero un bell’articolo, fonte d’ispirazione per un mio testo sulla Storia della pubblicità. Sembra che tu abbia davvero una passione per la storia dell’advertising in generale. Complimenti!

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